Scoperto un nuovo target per
la terapia del dolore
LUDOVICA R.
POGGI
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 25 giugno
2022.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il dolore, come si legge negli scritti del Corpus
Hippocraticum risalenti al V secolo a.C., è una
delle ragioni della nascita della scienza medica, l’altra essendo la necessità
di trovare per l’ammalato un regime alimentare e comportamentale adatto al suo
stato e in grado di favorire la guarigione ed evitare la morte.
Attualmente lo studio del dolore costituisce un
campo di indagine così vasto che le branche specialistiche in cui è suddiviso
tendono sempre ad aumentare, e i singoli approdi sconfinano in altre aree della
ricerca neuroscientifica, come è accaduto nel caso di particolari tipi di dolore
associato a sofferenza psichica, configurata in sindromi ansiose o disturbi da stress
acuto o traumatico. Negli ultimi decenni una grande mole di dati ha cambiato la
visione tradizionale del dolore cronico, consentendo il riconoscimento di alcuni
tipi in cui la patogenesi è paragonabile a quella di una malattia neurodegenerativa[1].
I numerosi progressi compiuti nella biologia
molecolare e nella biochimica del dolore hanno consentito anche un ampliamento
della gamma dei farmaci antidolorifici introdotti in terapia, che nella farmacologia
classica erano limitati alle due grandi categorie degli analgesici, costituiti
da molecole agenti sul cervello, e degli antidolorifici, in massima parte
costituita da antiinfiammatori ad azione periferica.
Se studi del passato tendevano a stabilire quando la
ripetizione di uno stimolo determinava l’innalzamento della soglia di risposta per
abitudine e quando, invece, ne causava l’abbassamento per sensibilizzazione,
attualmente tutti gli aspetti del secondo caso sono indagati dai ricercatori che
lavorano nel campo dei meccanismi dell’algesia.
Nella nostra specie, la stimolazione ripetitiva o
prolungata mediante noxae in grado di attivare i nocicettori determina
un’accresciuta percezione del dolore per effetto di un fenomeno
psicofisico conosciuto col nome di sommazione temporale (Arendt-Nielsen,
2015)[2]. Tale
fenomeno è dipendente dalla frequenza, si verifica a seguito dell’applicazione
di stimoli di alta soglia meccanici, elettrici e termici, e può essere evocato
dai tessuti cutanei, muscoloscheletrici e viscerali. L’origine della sommazione
temporale nella nocicezione è stata indagata mediante studio
elettrofisiologico dell’attività nocicettiva e del riflesso di retrazione, ed è
stata ricondotta alla plasticità dipendente da attività del sistema nervoso
centrale (Arendt-Nielsen et al., 1994; Koltzenburg
& Handwerker, 1994). Un importante correlato
neurale di questa sommazione temporale degli stimoli dolorifici è il
fenomeno del “wind-up” delle risposte dei neuroni del corno dorsale del midollo
spinale.
Il wind-up consiste nella risposta
progressivamente accresciuta dei neuroni prevalentemente profondi del corno
posteriore midollare, nel corso di una stimolazione nocicettiva ripetitiva continua
delle fibre C (Mendell & Wall, 1965). Teodora
Trendafilova, lavorando con un gruppo di ricercatori
coordinati da David Bennett, al fine di comprendere le basi genetiche di questa
sommazione temporale, ha realizzato uno studio GWAS del wind-up in
volontari umani sani, giungendo all’identificazione di un gene che ha fornito
un illuminante chiarimento sul meccanismo molecolare di regolazione di questo
fenomeno, suggerendo una nuova possibilità di terapia del dolore.
(Trendafilova T., et al., Sodium-calcium
exchanger-3 regulates pain “wind-up”: From human psychophysics to spinal
mechanisms. Neuron – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2022.05.017, 2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Nuffield Department of Clinical Neurosciences, Oxford
University, Oxford (Regno Unito); School of
Mathematics and Statistics, Faculty of Science, Technology, Engineering and
Mathematics, The Open University, Milton Keynes (Regno Unito);
Department of Genetics, Evolution and Environment, University College London,
London (Regno Unito); Department of Neuroscience, Physiology
and Pharmacology, University College London, London (Regno Unito);
School of Psychology and Neuroscience, University of Glasgow, Glasgow (Regno Unito); GENMOL, University of Antioquia, Medellin
(Colombia); Unity of Molecular Neurobiology and Genetics, Peruvian University
Cayetano Heredia, Lima (Perù); Instituto de Alta Investigacion, Universidad de Tarapacà,
Arica (Cile).
Non è semplice introdurre alla fisiopatologia del
dolore chi non abbia già una conoscenza di anatomia e fisiologia di base; tuttavia,
presentare alcuni aspetti semplici e impressionanti della fenomenica del dolore
come ha fatto a novembre dello scorso anno Giovanni Rossi[3], può
aiutare a entrare nella dimensione problematica.
Questi esempi formulati attraverso domande, tratti
da un’introduzione del nostro presidente e da me proposti di recente, possono illustrare
alcuni aspetti interessanti e solo in parte chiariti del rapporto tra funzioni
cerebrali e dolore: “Se si stimola un cervello in toto a bassa frequenza,
cosa accade? Si induce analgesia. Se una persona che avverte un dolore si
spoglia nuda e si guarda allo specchio, cosa accade? Il dolore diminuisce,
ossia si innalza la sua soglia. Se si stimolano con aghi rotanti ad alta
frequenza le radici posteriori del midollo spinale di una persona sofferente
per un dolore somatico, cosa accade? Per interferenza al varco della soglia
spinale e lungo le vie ascendenti si riduce il dolore. E se invece si induce
una reazione di stress in una persona che patisce di un dolore somatico,
cosa accade? Il dolore è maggiore. E se la stessa persona ha paura, si spaventa
o è sottoposta a un evento di grande impatto emotivo, cosa accade? Cresce la
sofferenza. Se si dice a una persona che il dolore che sta patendo crescerà
progressivamente se non assume subito un analgesico, cosa accade? Il dolore aumenta[4]”[5].
L’era contemporanea della ricerca in questo campo
comincia con la definizione di dolore che ancora oggi si adotta:
“Il dolore è così definito: “Una spiacevole
esperienza sensoriale ed emozionale associata a danno tessutale attuale o
potenziale o descritta nei termini di tale danno”[6]. La
definizione fu proposta dall’International Society for the Study of Pain (IASP)
nel 1979 e confermata fino ad oggi perché “La lesione, come riferimento
imprescindibile, spiega la centralità della conoscenza delle basi molecolari e
della neuroanatomia del sistema che consente la percezione della sensazione
algica e ispira la pratica clinica”[7].
La centralità dell’interesse della ricerca,
inizialmente in equilibrio tra lo studio della fisiopatologia dei sistemi
neuronici e l’indagine sulle basi molecolari di tutti i processi connessi col
dolore, dagli anni Ottanta si è andata progressivamente spostando sempre più
verso l’analisi della fenomenica cellulare e molecolare, che oggi costituisce l’obiettivo
tematico della massima parte dei progetti in questo campo. Lo stesso effetto di
sommazione per accumulo temporale degli stimoli nocicettivi, peraltro noto da
molto tempo, è stato oggetto di vari studi finalizzati alla comprensione del
meccanismo molecolare e della sua ratio biologica.
Per comprendere le basi genetiche dell’accumulo o
sommatoria o wind-up, David Bennett, Teodora Trendafilova
e colleghi hanno effettuato un Genome Wide
Association Study (GWAS) in volontari in buona salute, dal quale è emersa
un’associazione significativa col gene SLC8A3 che codifica NCX3 (sodium-calcium exchanger
type3).
Ottenuto questo dato, i ricercatori hanno provveduto
ad effettuare uno studio comparato nel topo. Negli esemplari murini è stato subito
rilevato che NCX3 è espresso nelle cellule nervose del corno dorsale del
midollo spinale; poi è stato osservato il quadro che si determina con la
delezione di NCX3. I topi privi di NCX3 presentavano una risposta
normale di dolore acuto indotta dai comuni stimoli dolorifici, ma facevano
registrare ipersensibilità alla seconda fase del test della formalina e
danno da costrizione cronica, ossia in modelli di dolore neuropatico e
infiammatorio.
I neuroni del corno dorsale mancanti di NCX3
mostravano un più elevato incremento del Ca2+ intracellulare a
seguito della stimolazione ripetitiva, rallentato ricambio del calcio e risposta
progressivamente accresciuta agli stimoli nocicettivi.
I ricercatori hanno allora sperimentato, per
verifica, l’accresciuta espressione di NCX3 mediata da virus, e in tal
modo hanno avuto conferma che l’aumentata attività della proteina scambiatrice
Na+/Ca2+ determinava ridotta sensibilizzazione centrale.
In conclusione, i risultati di questo studio
evidenziano l’importanza dell’efflusso di Ca2+ come evento chiave
sottostante la sommazione temporale e la conseguente persistenza del dolore,
indicando un nuovo bersaglio terapeutico e una nuova strategia di trattamento.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE”
del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Ludovica R.
Poggi
BM&L-25 giugno 2022
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La Società
Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio
Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] V. nella sezione “IN CORSO”: Ludovica
R. Poggi, Dolore cronico e danno neurodegenerativo. BM&L-Italia,
Firenze 2010.
[2] L’indicazione bibliografica completa dei lavori indicati
solo per autori e data in parentesi si trova nella bibliografia dell’articolo
recensito.
[3] Note e Notizie 13-11-21
Scoperta una base funzionale del dolore spontaneo.
[4] Gli esempi sono tratti da
Giuseppe Perrella, Introduzione allo studio delle basi neuroscientifiche del
dolore. BM&L-Italia, Firenze 2005.
[5] Note e Notizie 23-10-21
Individuato il meccanismo di anedonia da dolore.
[6] Giuseppe Perrella, Il Disturbo
Post-Traumatico da Stress (PTSD), p. 53, Dipartimento di Neuroscienze,
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Federico II, Napoli 2005; cfr. C. R.
Chapman, Pain, pp. 1-6 in Encyclopedia of Cognitive Sciences, Nature
Publishing Group, London 2003.
[7] Giuseppe Perrella, op cit.,
idem.